mercoledì 17 giugno 2015
Light painting " quando la luce disegna ".
Il termine fotografia è costituita da due parole greche “ Photo e Graphos “ , letteralmente disegnare con la luce, è la luce infatti che impressionando la vecchia pellicola o raggiungendo il sensore della nostra fotocamera crea l’immagine, ma quando siamo noi ad impiegare una fonte luminosa per scrivere attraverso un otturatore aperto allora la definizione diventa Light Painting.
La tecnica consiste nel selezionare sulla nostra fotocamera un tempo di otturazione molto lungo usando una posa B, quando l’otturatore è aperto in un ambiente privo di luce è sufficiente attivare una piccola fonte luminosa, una pila tascabile un piccolo led e posizionarsi nello spazio davanti alla fotocamera all’interno dell’inquadratura poi disegnare nello spazio come se avessimo di fronte un grosso pezzo di carta. Ecco che scritte, parole o disegni più complessi appariranno nella nostra fotografia, per realizzare tutto ciò occorre un trepiede per sostenere la fotocamera, una macchina che abbia tempi molto lunghi, alcune permettono di selezionare fino a 30 secondi o meglio ancora la posa B ( ricordo che in molte macchine la dicitura giusta è Bulb ).
Dotarsi di un fondale nero, grigio scuro, marrone o blu scuro e di alcune fonti di illuminazione di piccole dimensioni meglio se led. Tutto ciò è sufficiente per le prime esperienze ed imparare a gestire mantenendo un tempo di apertura dell’otturatore fisso, l’apertura del diaframma che in questo caso è sensibile nei confronti del risultato finale, non dimenticate la sensibilità ISO che consiglio di tenere sempre al minimo, la cosa spiegata in questi termini sembra molto semplice, ma provando vi accorgerete che si tratta di un raffinato gioco di equilibrio fra tempo di posa, intensità della luce usata ed apertura del diaframma. Con questo sistema potete anche illuminare settorialmente con effetti interessanti soggetti statici,
fate attenzione a quando vi spostate al buio davanti alla macchina in posa. Il discorso si fa più complesso se desiderate fotografare soggetti dinamici per es. una modella/o, dovremo predisporre un illuminatore rigorosamente flash sul soggetto in modo che la luce che lo colpisce non illumini il fondo retrostante, mantenere molto scuro il set in modo che nel momento dello scatto il flash illumini solo il soggetto impressionando l’immagine sul sensore e permettendo la successiva pennellatura con la luce portatile, questo è il passaggio più delicato, se la luce è troppo vicino al soggetto o si muove lentamente si corre il rischio di illuminare il soggetto stesso ed avere un’immagine doppia e mossa.
Se la luce è troppo veloce otterrò una traccia sbiadita e sottilissima, le prove sono indispensabili per capire il giusto compromesso fra la luce principale e la luce passiva che crea le tracce grafiche, presa dimestichezza con la tecnica e possibile utilizzare il light painting anche in esterno con spazi più ampi e con più soggetti e con luci di colori diversi, oggi la tecnologia led aiuta molto date le piccole dimensioni delle fonti luminose il resto è pura fantasia e sperimentazione.
Luca Castagno
venerdì 5 giugno 2015
Storia di un grande fotografo
Storia di un grande fotografo
Questa è una storia simile a molte altre ma desidero raccontarla perché voglio ricordare la persona che ha creato il mio futuro e che mia ha cambiato la vita.
Piero Chomon Ruiz.
Il sig. Piero era nato a Torino nel 1922 il nome non comune in Piemonte è di origine spagnola, suo
nonno Segundo Chomon
ara stato niente meno che collaboratore dei fratelli Lumiere a Parigi, aveva visto nascere insieme a loro
il cinematografo, personaggio di grande profilo, bravissimo fotografo, sceneggiatore, tecnico, artista, sposato con una cantante dell’Opèra di Parigi aveva vissuto la sua straordinaria epoca fra arte invenzioni moderne evoluzione dei costumi e cambiamenti sociali.
Tutte queste cose hanno creato la culla in cui il piccolo Piero Chomon è cresciuto sviluppando le stesse qualità del nonno paterno assimilando racconti esperienze vissute con personaggi straordinari che appartengono alla storia, Il regista Giovanni Pastrone
che aveva diretto Cabiria
con il mastodontico Bartolomeo Pagano era un affezionato amico di famiglia, in casa Chomon passavano attori, registi, artisti, scenografi cineoperatori musicisti il meglio degli addetti hai lavori che avrebbero spinto la macchina cinematografica fino ai livelli che tutti conosciamo.
Dopo una brevissima esperienza come cineoperatore Piero decide che la fotografia rappresenta il suo giusto mezzo di comunicazione artistica, e si dedica con grande passione alla riproduzione d’arte, cosa non facile e che richiede una conoscenza tecnica non comune, nel corso degli anni fotografa quasi tutte le opere d’arte più importanti quadri, statue arazzi, monumenti, interni ed esterni delle dimore storiche, monete gioielli, porcellane e molte altre cose non solo sul territorio Piemontese ma in tutta Iltalia. Ma la passione è forte e negli anni 60 decide di divulgare la sua straordinaria conoscenza fotografica attraverso l’insegnamento. Nasce in quegli anni l’Istituto tecnico industriale Gian Battista Bodoni
per le arti grafiche e fotografiche unica scuola del genere in Italia inizia la sua collaborazione come insegnante di fotografia industriale e negli anni diventa una vera icona dell’istituto, quando varcai per la prima volta il portone del bodoni nel 1978 si vociferava nei corridoi di questo insegnante capace di realizzare cose strabilianti con luce e pellicola, esigentissimo con gli allievi che dovevano dimostrargli le loro capacità per essere ammessi ad attingere dal suo bagaglio culturale fotografico, roba da leggenda.
Nei primi tre anni di formazione sia alternarono diversi bravi insegnanti tutti molto preparati e scrupolosi ma finalmente con l’inizio del 4° anno si aprirono le porte del reparto di fotoindustriale regno Di Piero Chomon, durante le prime lezioni ci trovammo tutti molto imbarazzati, cercavamo di conoscer il personaggio che si presentava freddo e di poche parole ma accese le luci in sala di posa capimmo immediatamente le qualità di questo grande fotografo in grado di fotografare qualsiasi cosa appartenente a qualsiasi categoria merceologica, bandita dal vocabolario la parola “ non si può fare”.
Furono due anni meravigliosi quando entravo in sala posa per le 5 ore di lezione ne uscivo arricchito di nuove conoscenze tecniche e mi rendevo conto della vastità del mondo fotografico e di come era possibile sperimentarlo. Ricordo che in zona maturità molti di noi si domandavano percependone l’importanza come sarebbe stato possibile essere assunti come assistenti nel suo prestigioso studio di via Pietro Micca a Torino, leggende metropolitane narravano che era un privilegio anche solo chiederlo, ma ecco che qualche miracolo accade, appena dopo la maturità dopo qualche giorno di vacanza arrivò una telefonata a casa, “ Buongiorno Castagno, sono Piero Chomon, hai già trovato lavoro? Ho bisogno di un assistente vuoi venire a lavorare per me?”.
Entrai in studio a settembre gli chiesi perché mi avesse scelto, mi disse che avevo la curiosità del fotografo che osserva tutto come se fosse la prima volta e poi per la tenacia, uscì dallo studio 8 anni dopo, una vera università della fotografia di alto livello, un privilegio essere al fianco di una persona che non ho mai visto in difficoltà con nessun soggetto, il sig. Piero era dotato di una straordinaria sensibilità artistica, grande tecnica e di una infinita inventiva, alcune delle più spettacolari fotografie industriali nascevano da backstage al limite della realtà, oggetti attaccati insieme, sospesi con lo spago o appoggiati i posti assurdi ma il risultato finale era fantastico. Era in grado di calcolare tempi e diaframmi ad occhio con una precisione assoluta come se il suo occhio fosse un esposimetro, qualsiasi cosa ci fosse passata per la testa era realizzabile anche a costo di inventarsi cosa non c’era, diceva spesso che la più grande risorsa di un fotografo è il nastro adesivo e che il grande fotografo lavora con una sola luce, insieme abbiamo fotografato dalle motrici ferroviarie alle punte degli spilli mi ha insegnato tutto, tecnica, sensibilità a cavarmela sempre, ancora oggi a distanza di tanti anni e con l’ esperienza maturata devo il mio presente a Piero Chomon, a cosa mi ha trasmesso sopratutto la voglia di misurarsi e sperimentare sempre ed oggi quando insegno ad i miei allievi mi fa piacere pensare che la sua grande voglia di divulgare la sua passione sia ancora viva attraverso me. Grazie sig. Piero. Purtroppo non ho neanche una immagine che lo ritrae come tutti fotografi non amava farsi fotografare.. mai!
Luca Castagno
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